
Autore: Banca Widiba
Data di pubblicazione: 05 giugno 2025
Accumulatori o risparmiatori: come la liquidità diventa davvero ricchezza
In un contesto macroeconomico segnato da spinte inflattive persistenti, incertezze geopolitiche e una crescente complessità dei mercati finanziari globali, la gestione della liquidità non può più essere affidata all’intuizione o a una prudenza istintiva, ma deve diventare oggetto di una riflessione consapevole e strategica per l’investitore e risparmiatore.
Eppure, una parte significativa della ricchezza finanziaria degli italiani continua a rimanere inattiva, parcheggiata su conti correnti che, anziché proteggere, erodono il potere d'acquisto. Una scelta che riflette più un’abitudine culturale che una razionalità finanziaria, e che rappresenta un costo, sia per il singolo risparmiatore che per l’economia nel suo complesso.
La liquidità non è sicurezza, ma erosione silenziosa del valore
Per molti risparmiatori italiani il conto corrente continua a rappresentare un rifugio, una cassaforte moderna dove il denaro può “riposare” al sicuro da oscillazioni e perdite. Tuttavia, ciò che a prima vista appare come una scelta prudente e protettiva, si traduce in realtà in una sistematica e silenziosa erosione del valore reale del capitale, inevitabilmente colpito dal progressivo aumento dei prezzi e dalla perdita del potere d’acquisto.
L’inflazione, infatti, agisce in modo subdolo: riducendo la capacità di spesa del denaro fermo e rende inefficace qualsiasi sforzo di risparmio che non sia accompagnato da una forma di valorizzazione. Tenere su un conto corrente somme ingenti - o anche solo superiori alle esigenze di breve termine – significa scegliere inconsapevolmente di perdere ricchezza, lentamente ma inesorabilmente.
Il risparmiatore italiano: più accumulatore che investitore consapevole
Sebbene l’Italia sia spesso indicata come un paese tradizionalmente vocato al risparmio, una lettura più attenta delle abitudini finanziarie delle famiglie italiane rivela una tendenza all’accumulo statico più che alla pianificazione strategica.
L’idea stessa di “risparmio”, che implica una gestione attiva e consapevole delle risorse, viene spesso ridotta a una pratica meramente difensiva, priva di progettualità e scollegata da ogni orizzonte temporale o obiettivo concreto. Questa inclinazione a “tenere da parte”, senza tuttavia mettere realmente a frutto il capitale disponibile, rappresenta una forma di autoesclusione dai benefici che solo l’investimento, quando ben calibrato e guidato, è in grado di generare, tanto per il singolo quanto per la società e l’economia in cui vive.
Dall’immobilismo all’impulso economico: il ruolo del capitale attivo
La liquidità lasciata improduttiva, infatti, non solo non genera valore per il singolo ma impedisce al risparmio di assolvere alla propria funzione più alta: alimentare l’economia reale, sostenere l’innovazione e favorire la circolazione di risorse nei settori produttivi.
Quando un risparmiatore decide di investire, affidandosi anche alla consulenza professionale e agli strumenti di risparmio gestito, contribuisce in modo concreto al finanziamento di imprese, infrastrutture e servizi, mettendo in moto un circuito virtuoso che, partendo dall’individuo, ha effetti positivi sull’intero sistema economico. È in questa logica che il risparmio si trasforma in investimento e, con esso, in leva per la crescita, per l’occupazione, per l’innovazione e per la sostenibilità del modello economico nel suo complesso.
Risparmio gestito e investimento attivo: una strategia, non una scommessa
Lontano da qualsiasi tentazione speculativa, l’investimento attivo – se supportato da una pianificazione rigorosa, da una diversificazione intelligente e da una conoscenza approfondita dei mercati – si configura come una strategia razionale e lungimirante, in grado di rispondere in modo coerente agli obiettivi patrimoniali, familiari e generazionali del cliente.
Il risparmio gestito, in particolare, rappresenta oggi uno strumento fondamentale per affrontare le sfide di un contesto economico fluido e per gestire in modo efficiente il rischio, offrendo al contempo trasparenza, controllo e accesso a competenze specialistiche.
In questo scenario, la figura del consulente finanziario si configura non solo come intermediario, ma come vero e proprio regista della strategia patrimoniale del cliente, capace di trasformare l’incertezza in opportunità e l’inerzia in movimento.
Educare alla scelta: il compito culturale della consulenza
L’inclinazione alla liquidità, così radicata nel tessuto culturale italiano, può essere scardinata solo attraverso un lavoro profondo di educazione finanziaria, che non si limiti a fornire informazioni tecniche, ma che promuova una vera e propria trasformazione culturale del modo in cui il cliente percepisce il denaro, il tempo e il valore.
È qui che il consulente assume un ruolo decisivo come formatore, come guida e come punto di riferimento per una nuova alfabetizzazione economica. Occorre far comprendere che ogni scelta apparentemente “neutrale”, come quella di lasciare il denaro fermo su un conto, comporta in realtà una rinuncia, un costo-opportunità, una perdita di controllo sul proprio futuro economico.
Verso un nuovo paradigma: attivare il capitale, costruire futuro
In ottica di reale ed effettivo risparmio, superare la logica dell’accumulo e abbracciare quella della valorizzazione significa, per il risparmiatore, riprendere in mano le redini del proprio destino finanziario, smettere di subire l’andamento dei mercati per iniziare a guidarlo, secondo logiche di lungo periodo e con una visione sistemica.
Per il consulente finanziario, questa trasformazione rappresenta l’opportunità di accompagnare il cliente in un percorso evolutivo che lo porti dalla gestione passiva alla progettazione attiva, dalla semplice conservazione del capitale alla sua effettiva generazione.
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